Il 4° giorno dell’opera di Dio

Il sole, la luna, le stelle

Il 4° giorno, cupola della Genesi. Basilica di San Marco, Venezia (XIII secolo). I santi, i martiri, brillano come stelle nel cielo, vittoriosi sulle tenebre del male. Il loro amore reciproco li unisce come membra di uno stesso corpo; insieme, come la luna, ricevono il loro splendore dalla luce di Cristo risorto, il sole della giustizia.

Nel quarto giorno dell’opera di Dio, i luminari del cielo separano il giorno dalla notte. Così Dio è sempre all’opera per portare l’umanità alla piena somiglianza con Lui, per separarla dalle tenebre e farla risplendere della Sua luce. Dalla storia di Abramo, modello di fede, sappiamo quali passi farà la fede, quali frutti porterà e quale sarà il suo destino: Dio promette ad Abramo: “Renderò la tua discendenza numerosa come le stelle del cielo”. (Genesi 22, 17). Nella Bibbia, i figli rappresentano le conseguenze delle nostre azioni. La fede di Abramo darà origine a una moltitudine di esseri umani che, riponendo la loro fiducia in Dio, saranno anche una luce per questo mondo, un punto di riferimento nella notte. In effetti, Abramo viene elogiato nella Bibbia per aver confidato completamente nella Parola di Dio. San Paolo ci dice che quando Dio gli chiese di sacrificare il proprio figlio, Abramo fu pronto a farlo perché credeva che Dio, il padrone e l’origine della vita, potesse restituirgli quella vita oltre la morte. Quanti uomini e donne nella storia del mondo sono stati disposti a sacrificare la propria vita per la giustizia, per venire in aiuto del prossimo, quanti hanno avuto la stessa fiducia che una vita offerta per amore avrebbe vinto la morte. In ogni momento tragico della storia, una moltitudine di martiri continua a testimoniare questa fede nella vita, nell’amore, più forte della morte. Per tutti noi, sono come stelle che brillano nell’oscurità. Gesù è venuto per rafforzare la fede degli esseri umani nella vittoria dell’amore sulla morte. Dopo aver dimostrato l’amore più grande offrendo la Sua vita e il Suo perdono a tutta l’umanità sulla croce, manifestò la risurrezione, apparve ai Suoi discepoli e li inviò nel mondo per portare questa testimonianza. Questa testimonianza era così fondamentale per gli apostoli che sono stati pronti a sacrificare la loro vita quando cercavano di farli tacere a proposito della risurrezione. Gesù promise loro:

Amen, amen, vi dico: chi crede in me farà le opere che io faccio. Anzi, ne farà anche di più grandi, perché io vado al Padre e qualsiasi cosa chiederete nel mio nome, la farò, affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. Quando chiederete qualcosa nel mio nome, la farò. Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. E io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Difensore che sarà sempre con voi: lo Spirito di verità, che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce; ma voi lo conoscete, perché abita con voi e sarà in voi”. (Giovanni 14, 12-17)

Questo Spirito scenderà sugli apostoli il giorno di Pentecoste (che significa il cinquantesimo giorno), e a loro volta saranno in grado di trasmetterlo. Questo è il mistero della Chiesa, delle membra del corpo di Cristo, il mistero di coloro che sono legati alla stessa fonte di amore e di vita, di coloro che sono uno, un’unica famiglia di fratelli e sorelle, animati dallo stesso spirito dell’amore di Dio. Sono le membra e Gesù è la testa che diffonde il suo amore attraverso le membra. L’immagine della luna ci parla di questo mistero, riflettendo nell’oscurità la luce di Cristo, il sole della giustizia. Coloro che ricevono questa luce sono stelle che aiutano l’umanità a trovare la fonte della vita nella notte.

Le tappe della vita di Gesù

Il 50° giorno

Il 50° anno: l’Anno sabbatico

Cupola della Pentecoste. Mosaico, Basilica di San Marco, Venezia (XIII secolo). Lo Spirito Santo sul trono di Dio, sotto forma di colomba, riversa il suo amore sugli apostoli, sulle cui teste brilla come una fiamma. L’amore è spesso rappresentato come una fiamma, un fuoco che brucia e riscalda il cuore, ma anche come saggezza che diffonde la sua luce. Gli apostoli, così riempiti dello Spirito di Dio, possono trasmetterlo alle folle e ai popoli di tutte le lingue che sono rappresentati nel cerchio esterno del mosaico, designati dai loro nomi.

Il numero cinquanta è molto importante nella Bibbia: indica il momento in cui, dopo tante tribolazioni, gli esseri umani possono finalmente intravedere la salvezza, la liberazione, il perdono e la pace che ne consegue. È il momento in cui, finalmente, un’umanità perduta, accecata e divisa viene riportata all’unità, all’armonia e alla pace. Tutto questo è stato realizzato dallo Spirito d’amore di Gesù, che è stato offerto e trasmesso all’umanità. Era già stato predetto nelle parole dei profeti dell’Antico Testamento ed è stato finalmente realizzato da Gesù.
Vediamo adesso come ciò era già stato annunciato nella Bibbia e quali immagini usa la Parola di Dio per parlarci di questo compimento della nostra vita spirituale. Innanzitutto, è attraverso il numero sette, che è il numero dei giorni della creazione, che Dio ci conduce a Lui, in fasi successive. Sette sono anche le luci che lo Spirito di Dio porta all’umanità, le luci che ci conducono a Lui, alla pienezza dell’amore: saggezza, discernimento, consiglio, forza, conoscenza, timore e contemplazione del Signore. Ora, nella nostra vita, le tappe che ci conducono ogni volta verso Dio, attraverso le nostre prove e tutte le vicissitudini della nostra vita, si ripetono continuamente, sembra all’infinito. Ma nella lingua ebraica dei profeti, non ci sono parole astratte come “infinito”, quindi per immaginare cosa potrebbe rappresentare nella nostra vita, si moltiplica un numero per se stesso. Quindi, se prendiamo il numero sette, che ci dice la pienezza dell’opera di Dio, per significare che accade all’infinito, diremo 7 volte 7 o 70 volte 7. E cosa ci aspetta alla fine di questa vita, quando abbiamo attraversato tutte le fasi e, dopo innumerevoli errori e innumerevoli perdoni, abbiamo finalmente trovato riposo? Questa beatitudine, questa felicità che sarà nostra quando saremo finalmente riconciliati con Dio e tra di noi, è rappresentata dal numero 50. Infatti, dopo aver moltiplicato il numero sette per se stesso, dopo aver sbagliato 70 volte 7 volte e aver chiesto perdono, dopo aver cercato la saggezza, il discernimento, il consiglio, la forza, la conoscenza, il timore e la contemplazione del Signore 70 volte 7 volte, arriveremo finalmente alla beatitudine, il numero che è al di là di 7 volte 7, ed è il numero 50 che ce lo dice.
Quindi, dopo aver vissuto la Quaresima, che significa i quaranta giorni che rappresentano le prove della nostra vita terrena, dopo aver meditato sul mistero della Pasqua, rappresentato dal numero sette, che ci parla del compimento dell’opera di Dio, dell’opera di salvezza, passiamo al numero 50, quello del cinquantesimo giorno, che segna il passaggio alla felicità attraverso la riconciliazione.
Questo era già stato annunciato e raffigurato nella Bibbia dalle prescrizioni relative all’anno sabbatico, il cinquantesimo anno che viene dopo aver contato sette volte sette anni: in quell’anno, il lavoro cesserà, non ci saranno più schiavi e tutti riacquisteranno i loro beni, l’umanità è riconciliata.
Il riassunto, la sintesi di tutta la Bibbia, si trova nella preghiera dei Salmi, e il Salmo 50 ci dice che dopo essere stati perdonati innumerevoli volte, i fedeli, creati di nuovo, potranno finalmente godere della pace di Dio e lodarLo con l’umanità redenta.
Questo ci porta all’adempimento delle promesse in Gesù Cristo. Fu nel cinquantesimo giorno dopo la Sua resurrezione che il Suo spirito, il Suo amore, fu finalmente riversato sugli apostoli e attraverso di loro trasmesso al resto dell’umanità. Infatti, Pentecoste significa il cinquantesimo in greco, ed è importante vedere tutto ciò che l’evangelista San Luca ci dice su questo giorno.
Il cinquantesimo giorno, gli apostoli erano ancora rinchiusi, nascosti, nel luogo dove avevano consumato l’ultimo pasto con Gesù. In quel momento, fu data loro l’opportunità di entrare in piena comunione con Dio, di condividere il Suo Spirito d’amore. Questa realtà spirituale è rappresentata dall’immagine delle fiamme che scesero su ciascuno di loro. Poi uscirono per incontrare la folla che aveva visto la meraviglia delle fiamme nel cielo e si era radunata intorno alla casa. C’erano persone provenienti da tutto il mondo e tutti udivano gli apostoli parlare nella loro lingua. Questo miracolo è importante perché ci ricorda che l’umanità si era divisa quando voleva costruire una torre molto alta per rivaleggiare con Dio, la Torre di Babele. Fu allora che, con il crollo della torre, gli esseri umani, privati dell’amore di Dio, divennero rivali gli uni degli altri e fu allora che tutti parlarono in una lingua diversa. Ora, il miracolo della Pentecoste ci dice che l’amore di Dio riunisce le persone e le riconcilia, e che la differenza di lingua non è più un ostacolo. L’evangelista aggiunge che in quel giorno si sono adempiute le parole del profeta Gioele, che aveva annunciato che negli ultimi giorni lo Spirito di Dio sarebbe stato versato su ogni creatura. In effetti, questi sono gli ultimi giorni, non nel senso della fine del mondo, ma nel senso che l’opera di Dio è stata compiuta il settimo giorno, l’umanità, animata dallo Spirito di Dio, passa a una nuova vita, al di fuori di questo tempo, perché è rinnovata nel suo spirito, vive la realtà del Regno di Dio, di un amore che unisce colui che lo riceve al suo prossimo, nel quale ora vede un fratello, una sorella, un membro del suo stesso corpo.
Nel mosaico della cupola della Pentecoste nella Chiesa di San Marco, non solo lo Spirito Santo è raffigurato come una colomba che regna sul trono di Dio e invia un raggio di luce sugli apostoli, ma la moltitudine di popoli diversi elencati nel racconto di San Luca sono raffigurati intorno agli apostoli. Ecco i diversi popoli presenti il giorno di Pentecoste a Gerusalemme, rappresentati nel cerchio esterno della cupola, due per ogni popolo: “Parti, Medi ed Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, della provincia del Ponto e di quella dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle terre libiche presso Cirene, Romani di passaggio, Giudei di nascita e convertiti, Cretesi e Arabi, tutti udiamo parlare nelle nostre lingue delle meraviglie di Dio”. ” (Atti 2, 9-11) L’iscrizione latina sul mosaico dice: “Spiritus in flamis sup(er) hos distillat ut amnis corda replens munit et amoris nexibus unit hinc varie gentes miracula conspicientes fiunt credentes vim lingue percipientes”. “Lo Spirito scende su di loro in fiamme, come un fiume che li rafforza riempiendo i loro cuori e unendoli con i legami dell’amore. Ecco perché diversi popoli che osservano i miracoli diventano credenti, percependo la forza della loro lingua”.

Dettaglio della cupola della Pentecoste. Mosaico, Basilica di San Marco, Venezia (XIII secolo). Sotto gli apostoli, due figure rappresentano ciascuno dei popoli e le diverse lingue che si trovavano a Gerusalemme in quel giorno. Ognuno di loro ha sentito gli apostoli parlare nella propria lingua. Questo miracolo ci mostra che la divisione e la rivalità che separavano gli esseri umani in lingue diverse quando fu costruita la Torre di Babele sono state ora abolite dal dono dello Spirito Santo, inviato per riconciliare le persone con Dio. Uniti in un unico amore, tutti comprendono la lingua degli apostoli.

La relazione con Dio e con il prossimo

L’unzione che trasmette lo Spirito

Dettaglio della cupola della Pentecoste. Mosaico, Basilica di San Marco, Venezia (XIII secolo). Sul trono di Dio, il libro della Sua Parola e la colomba dello Spirito Santo. Questa Parola è diventata carne, animata dallo Spirito d’amore di Dio. Non si tratta di una lettera morta, ma di un amore che può trasformare l’umanità e condurla alla piena somiglianza con Dio. La fiamma d’amore che animava gli apostoli li portò a dare la vita per coloro che amavano, rendendoli un riflesso vivente di Cristo e della Parola di Dio, animati dallo stesso spirito.

Lo spirito è senza dubbio la realtà umana più difficile da rappresentare: invisibile, immateriale, quale forma potremmo dargli? Per rappresentarla come tale, abbiamo bisogno dell’immagine del fuoco che la creazione ci offre. Infatti, l’intera creazione riceve la vita attraverso lo Spirito di Dio ed è creata dalla Parola di Dio, è l’opera della Trinità, di un Dio che è una relazione d’amore e che manifesta questo amore attraverso quest’opera. Possiamo quindi cercare i modi in cui questa creazione ci manifesta l’opera di Dio, perché è predisposta a farlo. Abbiamo visto l’immagine della luce, che rende visibile e conoscibile il volto di Dio, proprio come Gesù Cristo, la Parola di Dio fatta carne, lo rende visibile a noi. Ora esaminiamo l’elemento che è direttamente associato alla luce: il fuoco. Il fuoco, come lo spirito, come il respiro che ci anima e come il vento, non ha una forma fissa, ma ci trasmette luce e calore. Viene a riscaldare i cuori freddi, i cuori di pietra; viene a dare nuova vita a ciò che è congelato nella morte, nella freddezza. I discepoli, che si stavano allontanando rattristati dalla morte di Gesù, incontrarono Gesù risorto sulla strada, ma non lo riconobbero. Senza essere riconosciuto, Gesù aprì le loro menti alla comprensione delle Scritture, cioè spiegò loro come la Sua resurrezione fosse già stata annunciata dai profeti. Finalmente, dopo aver invitato lo straniero a rimanere con loro, questi si fece riconoscere, ma scomparve immediatamente dalla loro vista. I discepoli si esclamarono: “Non ci ardeva forse il cuore quando ci spiegava le Scritture?” In effetti, la comunione profonda con il prossimo riscalda i nostri cuori; ciò che era freddo e disperato riprende vita quando viene riacceso dall’amore. In questo modo, l’amore si trasmette come una fiamma, senza perdere il suo calore, all’infinito. È così che lo Spirito stesso si manifesta a noi. Ma il nostro spirito ha una lunga strada da percorrere prima di essere gradualmente purificato da questo Spirito d’amore, che è lo Spirito Santo di Dio. E qui l’olio ci mostrerà tutte queste fasi spirituali, prima che l’essere umano stesso diventi una lampada ad olio, una luce, un fuoco ardente che trasmette il suo amore agli altri.

Partiamo dall’inizio: le olive, l’ulivo, il ramo d’ulivo. Sono elementi fondamentali nel linguaggio della Bibbia, il linguaggio della Parola di Dio espressa attraverso gli elementi della Sua creazione. L’ulivo è l’albero della riconciliazione, l’albero che annuncia il cammino verso la pace. Purtroppo, su questa terra la strada verso la pace passerà attraverso molte tribolazioni. Già nel libro della Genesi, ci viene mostrato attraverso la storia del diluvio che dopo la vittoria sul male, è necessario ancora del tempo, una colomba che porta un ramo d’ulivo annuncerà che questa vittoria è stata riportata da Dio, ma spetta all’umanità, in seguito, accogliere i frutti di questa vittoria. Ricordiamo che il momento più terribile della vita di Gesù fu la notte del suo arresto nel giardino degli Ulivi, dove fu tradito, rigettato e abbandonato. Soffrì fino a sudare sangue, ci dice il Vangelo.

Vediamo quindi perché l’ulivo, prima le olive, poi l’olio, poi la lampada ad olio. Infatti, prima di produrre olio, le olive devono essere pressate, in altre parole, il nocciolo che oppone resistenza deve essere contrito e affranto, come dice la Bibbia: “Uno spirito contrito è il sacrificio che piace a Dio; un cuore affranto e contrito, o mio Dio, non lo respingerai”. (Salmo 50, 19). Ciò significa che le olive devono essere macinate e il compito della macina è quello di distruggere il nocciolo, tutto ciò che nel nostro spirito resiste alla volontà di Dio, tutto ciò che ostacola l’amore per Dio e per il prossimo. È riconoscendo le nostre colpe che possiamo essere perdonati, cioè offrendo a Dio uno spirito affranto, contrito, offrendo il rammarico per le nostre colpe, per i nostri errori, in modo da poter essere purificati da Lui. A poco a poco, questo spirito purificato e perdonato diventerà luminoso, brillante e dorato, come l’olio che diventa luminoso ancor prima di portare la fiamma. È nel percorso di questa vita che l’essere umano che riconosce i propri errori può essere perdonato e quindi aiutato a imparare da essi e a migliorare.

Ora, oltre a parlarci del nostro percorso spirituale, attraverso il processo di estrazione e purificazione, l’olio ci dice anche come lo spirito può penetrare in profondità dentro di noi. Infatti, sappiamo quanto profondamente l’olio penetra nella nostra pelle, come ammorbidisce, rafforza e riscalda. L’acqua non può penetrare nella pietra, ma una goccia d’olio lascerà il suo segno sulla pietra che ha toccato, penetrando in profondità.

Così l’olio è il segno visibile della grazia, dello Spirito d’amore di Dio che penetra negli esseri umani, trasmettendo saggezza, discernimento, consiglio, forza, conoscenza, timore e contemplazione del Signore. È l’elemento che Dio ha scelto per mostrarci la sua scelta e la sua volontà di unirsi agli esseri umani per portare luce e aiuto al mondo. Questo è il significato dei sacramenti dell’Ordine e della Cresima. I vescovi, successori degli apostoli, con le parole di benedizione pronunciate sull’olio, esprimono la volontà e la promessa divina di accompagnare, assistere, abitare, riempire la Sua creatura con la Sua presenza d’amore per permetterle di compiere la sua missione di essere la luce del mondo. Ci sono quindi tre tipi di missione attraverso i quali l’amore di Cristo per le sue creature si moltiplica attraverso gli esseri umani che ha chiamato ad essere un riflesso della Sua luce e della Sua misericordia per ogni altro essere umano, tre sacramenti in cui olio è la materia che rende visibile ed efficace l’azione di Dio nei fedeli che invocano il Suo aiuto e la Sua grazia.

La parola sacramento deriva dalla parola ‘sacro’, e ciò che è sacro è portatore della presenza divina. Attraverso il sacramento, viene suggellata un’alleanza tra Dio e la sua creatura. Il credente diventa un figlio della luce, ossia un portatore della luce divina, assistito dallo spirito dell’amore di Dio, e diffonderà questo amore attraverso la stessa saggezza, discernimento, consiglio, forza, conoscenza, timore e la contemplazione del Signore in cui si dispiega l’amore di Dio. I fedeli ricevono quindi un’unzione per indicare che lo Spirito di Dio li penetra, li rafforza e li assiste. Tre sacramenti, quindi, esprimono l’aiuto e la presenza divina attraverso l’olio, che diventa un’immagine visibile dell’opera e della presenza dello Spirito divino.

1. Il primo è il sacramento dell’Ordine Sacro, con il quale un vescovo o un sacerdote viene ordinato alla sua missione, cioè gli viene affidato un ministero e riceve l’assistenza divina per svolgerlo. In prima istanza, è il vescovo, successore degli apostoli, a ricevere l’unzione del capo da un altro vescovo per guidare i fedeli nella comprensione e nella messa in pratica della fede. L’unzione del capo con l’olio è preceduta dall’imposizione delle mani degli altri vescovi sul vescovo che deve essere ordinato. Anche l’imposizione delle mani sul capo esprime la volontà di trasmettere lo Spirito.

Successivamente, il sacramento dell’Ordine Sacro viene conferito anche alla persona che diventerà sacerdote e che riceve l’unzione dal vescovo. Egli la riceve sulle mani perché è imponendo le mani sul pane e sul vino che li consacrerà con lo Spirito di Dio; inoltre, imponendo le mani, trasmetterà lo Spirito a coloro che, chiedendo perdono per i loro peccati, saranno riconciliati e riempiti dello Spirito dell’amore di Dio.

2. La Cresima. La persona battezzata, che si connette con la fonte della vita divina attraverso l’elemento dell’acqua versata sul suo capo, riconosce in tal modo che tutta la vita proviene da Dio e si impegna quindi a rispettarla e servirla in ogni essere umano. Ecco perché chiede anche di essere rafforzato dall’unzione che impartisce i doni dello Spirito, in modo da poter essere un riflesso della misericordia di Dio in questo mondo. Ogni battezzato si riveste di Cristo, assume la sua missione di sacerdote, profeta e re, ossia intercede per il prossimo assistendolo, comunicandogli la parola e la saggezza divina e testimoniando la vittoria di Cristo sul male con l’esempio della propria vita. A tal fine, se è stato battezzato da bambino, chiederà l’aiuto divino attraverso l’unzione dello Spirito Santo, affinché la sua vita da adulto sia coerente con la fede e la missione che intende vivere. Poi, da adulti, chiederemo di essere confermati, rafforzati e assistiti dallo Spirito Santo, e riceveremo nuovamente l’unzione che abbiamo ricevuto al momento del battesimo, ma questa volta per rendere la nostra vita adulta coerente con la fede che abbiamo ricevuto al momento del battesimo e che ora abbiamo maturato e assunto. Chiediamo la grazia e la forza dello Spirito Santo per essere testimoni di Cristo, della vita del Regno, dove tutti insieme formiamo un popolo di fratelli e sorelle.

3. L’unzione dei malati. Un’altra fase importante della vita, in cui l’aiuto dello Spirito Santo di Dio ci viene trasmesso e viene rappresentato dall’unzione con l’olio, è la prova della malattia. Quando siamo indeboliti dalla malattia, è tutto il nostro spirito che ha bisogno dell’aiuto divino per essere testimoni di Cristo nella nostra debolezza. Non solo possiamo avere bisogno di conforto e incoraggiamento per noi stessi, ma anche di essere rafforzati per poter testimoniare la speranza e la fiducia nel Signore e nella sua vita eterna al nostro prossimo. È anche possibile che lo spirito della persona malata, rafforzato in questo modo, recuperi la salute o sopporti la prova della malattia con pazienza e fiducia.

Ricordiamo che il nome Cristo, in greco, significa colui che ha ricevuto l’unzione, cioè colui che Dio ha scelto e a cui ha affidato una missione. Ora, la pienezza dello Spirito Santo abita in Cristo, il suo spirito e la sua vita sono espressione dello Spirito di Dio, il suo amore è l’amore divino che si manifesta nella sua persona e nelle sue opere verso l’umanità. Non è un uomo che è stato condotto dallo Spirito alla perfezione, ma la pienezza dello Spirito che procede dal Padre e dal Figlio di Dio, che ha dato vita al bambino Gesù nel grembo di sua madre Maria, permettendo così a Dio di assumere la natura umana, pur rimanendo nella pienezza dell’amore divino. Il termine Cristo è la traduzione esatta della parola ebraica mashiyaḥ, che viene tradotta con la parola Messia, che significa esattamente colui che è unto, unto con l’unzione divina, riempito di Spirito Santo. Gesù stesso leggerà le parole del profeta Isaia che annunciano la sua venuta e la sua opera: “Lo Spirito del Signore è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione. Mi ha mandato a portare la buona novella ai poveri, a proclamare la liberazione dei prigionieri e il recupero della vista ai ciechi, a liberare gli oppressi, a proclamare un anno favorevole del Signore”. (Luca 4, 18-19). Isaia parlava del Messia, dell’unto del Signore, quando elencò i doni dello Spirito Santo: “Su di lui riposerà lo Spirito del Signore: spirito di sapienza e di discernimento, spirito di consiglio e di forza, spirito di conoscenza, spirito di contemplazione del Signore, che gli ispirerà la contemplazione del Signore”. (Isaia 11, 2-3).

La Settimana Santa

Il Tempio dello Spirito Santo

Cristo, immagine del Padre, tiene la fiamma dello Spirito Santo. Mosaico di Sant’Apollinare il Nove, Ravenna (VI secolo). Anche se a prima vista è Cristo che ci appare sul trono, il mosaico raffigura il mistero della Trinità. Infatti, Cristo è l’immagine del Padre: Lui stesso disse ai discepoli: “Chi ha visto me ha visto il Padre”. (Giovanni 14, 9). Siede su un cuscino di fuoco, un’immagine dello Spirito Santo, che tiene anche in mano sotto forma di fiamma. È lo Spirito d’amore che unisce il Padre e il Figlio.

Durante la Settimana Santa, Gesù uscì dal Tempio, dopo aver affrontato l’ostilità degli esperti delle Scritture e di altre autorità religiose, e annunciò la fine di tutto lo sfarzo e l’ipocrisia che dirottavano la religione e la preghiera in vista di un guadagno personale.
“Quando Gesù ebbe lasciato il Tempio e stava per uscire, i suoi discepoli gli si avvicinarono e gli indicarono gli edifici del Tempio. Poi disse loro: “Vedete tutto questo, non è vero? In verità, vi dico che qui non resterà in piedi nemmeno una pietra; tutto sarà distrutto”. (Matteo 24, 1-2)
Dopo aver detto questo, Gesù parla agli apostoli anche dei tempi terribili in cui dovranno subire persecuzioni, ma parla anche della sua vittoria sul male. Naturalmente, il Suo Regno non è terreno; è nello spirito di ogni persona che si esercita questa vittoria. Egli sta venendo e verrà per stabilire la sua pace e il suo amore nei cuori dei suoi figli, avendo egli stesso dimostrato al mondo, con la sua risurrezione, che il male e la morte non avranno alcuna presa su di lui. Quindi annunciò agli apostoli che questa vittoria sul male è offerta a ogni essere umano che persegue l’amore piuttosto che l’odio, la vendetta o il profitto a spese degli altri.
Già all’inizio della sua predicazione nel Tempio, durante la sua prima visita con gli apostoli a Gerusalemme, l’evangelista San Giovanni riporta il seguente scambio:
“Gesù rispose loro: “Distruggete questo santuario e in tre giorni lo farò risorgere”. I Giudei risposero: “Ci sono voluti quarantasei anni per costruire questo santuario e tu lo farai risorgere in tre giorni! Ma Egli stava parlando del santuario del Suo corpo”. (Giovanni 2, 19-21).
Infatti, offrendo il proprio corpo, la propria vita come prova del suo amore, il suo spirito non cedette alla vendetta o all’odio; il male non aveva alcun potere su di lui. Al contrario, aprì un cammino di speranza per l’umanità, perché l’apparente sconfitta si trasformò in vittoria. Il male mostrò il suo volto e migliaia di persone poterono contemplare il volto amorevole di Dio, trovando pace e condividendo la vittoria.
Questo è ciò che il profeta Ezechiele predisse secoli prima di Cristo, quando raccontò la sua visione della Casa di Dio, il Tempio di Dio: “L’uomo mi fece tornare all’ingresso della Casa, ed ecco che sotto la soglia della Casa, l’acqua sgorgava verso est, poiché la facciata della Casa era rivolta verso est. L’acqua scendeva da sotto il lato destro della Casa, a sud dell’altare”. (Ezechiele 47, 1). E la visione prosegue descrivendo questo ruscello che, scendendo dalla montagna, diventa un fiume sempre più grande, fino a divenire impraticabile. E lungo le sue rive, gli alberi danno frutti in continuazione, non perdono mai le foglie, e i pesci nelle sue acque si moltiplicano in gran numero. E alla fine, il fiume sfocia nel Mar Morto, il mare di acqua salata dove non è possibile la vita, e l’acqua dolce di questo fiume purifica le acque amare del Mar Morto.
Naturalmente, anche in questo caso stiamo parlando del corpo di Cristo, che, trafitto sul lato destro sulla croce, lasciò scorrere l’acqua e il sangue. Cristo aveva annunciato che dal suo lato sarebbero sgorgati i fiumi di acqua viva di cui parlava il profeta Isaia. È al suo seguito che i pesci, i discepoli e i credenti si sono moltiplicati, che portano frutti in abbondanza e che dove c’è la morte nel cuore, l’umanità può riscoprire la vita, l’amore, la speranza e la dignità di figli di Dio, figli della luce. Il male ha rivelato il suo volto condannando gli innocenti, diventando odioso, mentre prima aveva sedotto l’umanità. Gesù lo annuncia ai discepoli nella continuazione del discorso sul Tempio, parlando a lungo di coloro che cercano di sedurre l’umanità con parole ingannevoli; tutto questo sarà smascherato, rivelato e le potenze cadranno come le stelle del cielo, come le false stelle che avevano ingannato le persone con il loro aspetto.
Così, nel mosaico della chiesa di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna, vediamo Cristo che ci rivela il volto amorevole del Padre, che tiene nelle sue mani la fiamma di quell’amore che incendierà l’universo e lo farà risplendere della sua gloria, e il suo trono sono le fiamme di fuoco del suo Spirito, lo Spirito dell’amore di Dio.
Questo Spirito dell’amore di Dio è anche lo Spirito che dà la vita a ciascuno di noi e, una volta che possiamo accoglierlo, attraverso la piena fiducia filiale, fa la sua dimora in noi, come ci dice Gesù stesso:
“Ecco, io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, entrerò da lui; mangerò con lui ed egli con me. Al vincitore darò la possibilità di sedere con me sul mio trono, come io mi sono seduto con il Padre mio sul suo trono dopo la mia vittoria”. (Apocalisse 3, 20-21).
Questo è davvero un pasto in cui è la presenza di Cristo stesso che accogliamo in noi, come un vero cibo; il Suo spirito d’amore abita in noi, e l’apostolo San Paolo può affermare: “Il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo, che è in voi e che avete ricevuto da Dio”. (1 Corinzi 6, 19).

Frase del Padre Nostro

Sia fatta la tua volontà così in cielo come in terra

La croce, salvezza del mondo. Mosaico di Sant’Apollinare in Classe, Ravenna (VI secolo). Annunciando la sua morte sulla croce, Gesù disse: “È giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo” (Giovanni 12, 23), eppure stava per essere crocifisso. Ciò significa che è proprio sulla croce, nel suo abbassamento e nella sua umiliazione, che Gesù mostrerà al mondo la gloria di Dio, la sua onnipotenza. Infatti, l’’onnipotenza di Dio consiste nella sua infinita capacità di perdonare: è nella misericordia che si rivela tutta la sua grandezza. Così, Gesù sulla croce ci rivelerà il volto misericordioso di Dio che perdona i suoi figli fuorviati che condannano un uomo innocente per proteggere i propri interessi.

Questa frase del Padre Nostro rivela una tensione tra cielo e terra, tra i nostri obiettivi terreni di garantire e preservare la nostra vita sulla terra e la dimensione spirituale ed eterna. In effetti, abbandonare le nostre certezze materiali può essere necessario se ci mettono in contrasto con il nostro amore per Dio e per il prossimo. Assicurare la nostra vita a spese degli altri taglia i nostri legami di fratellanza e amicizia e allo stesso tempo ci separa dall’unico legame che è eterno: l’amore. Ciò che la passione e la resurrezione di Gesù ci rivelano è che l’amore vince la morte e il male. Affinché ciò avvenga, dobbiamo essere fedeli all’amore fino alla fine, se siamo messi alla prova. Questa prova viene dall’ostinazione degli esseri umani, dalla loro difficoltà a credere in un amore così grande, così gratuito, così capace di preferire la felicità degli altri alla nostra. Così, Gesù sarà messo alla prova, non dalla volontà di un Padre che non crede nell’amore sincero e profondo di suo figlio, ma dall’attaccamento egoistico degli esseri umani ai loro beni terreni, nei quali ripongono tutta la loro speranza di sopravvivenza. Quindi il Padre si spingerà fino alla fine dell’amore, se questo è l’unico modo per aprire una luce di speranza nei cuori oscurati degli esseri umani. Cuori che sono diventati duri come la pietra, sui quali Dio verserà un olio profumato per ammorbidirli, per dare all’umanità un cuore di carne. Quindi Gesù sa molto bene che andare fino in fondo all’amore sarà l’unico modo per mostrare all’umanità che questo amore è la sua unica ricchezza, la sua fonte di vita eterna. Anche la testimonianza degli apostoli sulla resurrezione di Cristo sarà fondamentale, e anche loro arriveranno a dare la vita per trasmetterci questa testimonianza, come faranno tanti cristiani dopo di loro.
“Io e il Padre siamo una cosa sola” (Giovanni 10, 30), ci dice Gesù, ‘perché se [il Padre] fa qualcosa, anche il Figlio la fa’ (Giovanni 5,19), e allo stesso modo ”sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di Colui che mi ha mandato: che io non perda nessuno di quelli che mi ha dato, ma li risusciti nell’ultimo giorno”. (Giovanni 6, 38). In questo modo, Gesù mostrerà all’umanità fino a che punto Dio ama i suoi figli. Ed è Gesù stesso che è colmo della pienezza di questo amore divino, Lui che è Dio non può volere e desiderare nient’altro, nessuna contraddizione possibile tra il suo amore e quello che il Padre ha per noi. Quindi, come possiamo capire che quando era pronto a consegnarsi, a offrire la sua vita, disse: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Luca 22, 42)? Questo ci mostra chiaramente che anche Gesù è pienamente umano e che ha accettato questa condizione di debolezza e di sofferenza, ma a quale prezzo? Quanto gli è costato vedere il rifiuto e l’ostilità dei suoi figli, quanto gli sarebbe costato soffrire la passione? Fino al sangue, poichéil Vangelo dice: “Gesù entrò in agonia e pregò più intensamente, e il suo sudore divenne come gocce di sangue che cadevano a terra”. (Luca 22, 44). Tuttavia, se ci fosse stato un altro modo per rivelare agli uomini l’immensità dell’amore di Dio, l’immensità della Sua gloria, ovviamente l’avrebbe preferito. Ma confidava pienamente nel Padre che questo era l’unico modo possibile per mostrarci l’amore più grande. Già durante l’ultima cena, aveva detto: “Nessuno ha un amore più grande di questo: che qualcuno rimetta la propria anima per coloro che ama”. (Giovanni 15,13) e anche: “Amen, amen, io vi dico: se il chicco di grano non cade in terra e non muore, rimane solo; ma se muore, porta molto frutto” (Giovanni 12, 24). Tutti i profeti lo avevano predetto e Gesù stesso aveva annunciato più volte la propriamorte imminente agli apostoli. Tuttavia, si tratta di un cammino doloroso che ci mostra quanto sia importante per gli esseri umani confidare in colui che ci ha dato la vita e che ce la restituirà dopo la morte. Questa è la fede di Abramo, che credeva anche che, avendo ricevuto miracolosamente la vita di suo figlio da Dio, Dio potesse restituirgliela dopo la morte (Romani 4, 17-18). In questo modo, Gesù ci mostra il cammino della fiducia, della preghiera, della vittoria sul male e sulla morte; ci rende figli della luce, contro i quali le tenebre non avranno alcun potere. Mettendo la nostra vita fiduciosamente nelle mani del Padre, saremo sostenuti e rafforzati da Lui e dai suoi angeli, proprio come lo fu Gesù. Anche questo ci viene rivelato dalle gesta di tanti martiri che hanno offerto la loro vita per manifestare la gloria di Dio.
Quando i nostri cuori sono pieni di amore incondizionato per tutti gli esseri umani, anche per i nostri nemici, allora il Regno di Dio è nei nostri cuori, una luce invincibile a cui le tenebre non possono resistere. Questo gesto di fiducia che Gesù ci mostra non è necessario solo quando offriamo la nostra vita come testimonianza, ma anche nella nostra vita quotidiana, anche nelle piccole cose in cui possiamo essere fedeli all’amore, scegliendo l’amore a volte a spese dei nostri interessi materiali. Questo è il significato di essere un martire, perché questa parola in greco significa semplicemente ‘testimone’.
Questi sono i racconti dell’agonia di Gesù nell’Orto di Ghetsemani, il Giardino degli Ulivi dove lo spirito e la vita di Dio dovevano essere pressati per condurre l’umanità ad essere luce del mondo, figli della luce, per diventare l’olio che porta il buon odore di Cristo al mondo, perché l’olio può anche far penetrare la fragranza, il profumo dell’amore di Dio.
Questo momento della vita di Cristo è così fondamentale per guidarci, per condurci alla vita eterna, che ogni evangelista lo racconta. San Giovanni ricorda le parole di Gesù durante il pasto che preannunciavano quest’ora difficile:
“Allora Gesù disse loro: ‘È giunta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato’. Amen, amen, vi dico: se un chicco di grano cade in terra e non muore, rimane solo; ma se muore, porta molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde; chi mette da parte la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se qualcuno vuole servirmi, mi segua; e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se qualcuno mi serve, il Padre mio lo onorerà. Ora la mia anima è turbata. Che cosa dirò? “Padre, salvami da quest’ora”? – Ma no! È per questo che sono arrivato a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome! Poi venne una voce dal cielo, che disse: “L’ho glorificato e lo glorificherò di nuovo”. Quando la folla lo udì, disse che era come un tuono. Altri dissero: “Un angelo gli ha parlato”. Ma Gesù rispose loro: “La voce non era per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sta per essere scacciato; e io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti gli uomini a me”. Con questo intendeva il tipo di morte che stava per subire. (Giovanni 12, 23-33)
San Matteo ci fornisce i dettagli di quella notte nel Giardino degli Ulivi, così come San Marco:
“Poi Gesù giunse con loro in una zona chiamata Getsemani e disse loro: “Sedetevi qui mentre io vado là a pregare”. Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, i due figli di Zebedeo, e cominciò a provare tristezza e angoscia. Così disse loro: “La mia anima è triste da morire. Rimanete qui e vegliate con me”. Andando un po’ oltre, cadde con la faccia a terra pregando e disse: “Padre, se è possibile, fa’ che questo calice si allontani da me! Ma non come voglio io, ma come vuoi tu”. Poi tornò dai suoi discepoli e li trovò addormentati; disse a Pietro: “Così non avete avuto la forza di rimanere svegli con me per una sola ora? Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione; lo spirito è ardente, ma la carne è debole”. Di nuovo si allontanò e pregò per la seconda volta, dicendo: “Padre, se questo calice non può passare senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà! Quando tornò dai discepoli, li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi erano appesantiti dal sonno. Lasciandoli, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. Poi tornò dai discepoli e disse loro: “Ora potete dormire e riposare. Ecco, è giunta l’ora in cui il Figlio dell’uomo sarà consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi! Alzatevi! Ecco, colui che mi tradisce è vicino! (Matteo 26, 36-46)
Infine, San Luca, sempre attento alla dimensione umana di Cristo, ci dice fino a che punto Egli soffrì:
“Gesù uscì come al solito verso il Monte degli Ulivi e i suoi discepoli lo seguirono. Quando arrivò lì, disse loro: “Pregate per non entrare in tentazione”. Poi andò a circa un tiro di schioppo. Si inginocchiò e pregò, dicendo: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice, ma non la mia volontà, bensì la Tua”. Poi gli apparve un angelo dal cielo, che lo confortò. Mentre giaceva in agonia, Gesù pregò con più insistenza e il suo sudore divenne come gocce di sangue che cadevano a terra. Poi Gesù si alzò dalla preghiera e andò dai suoi discepoli, che trovò addormentati, sopraffatti dalla tristezza”. (Luca 22, 39-45).

Dettaglio del volto di Cristo. Mosaico di Saint Apollinaire-en-Classe, Ravenna (VI secolo). Il volto di Cristo sulla croce ci dice che è vivo e ci rivela anche il vero volto del Padre, misericordioso e vittorioso sul male e sulla morte grazie alla sovrabbondanza del Suo amore. La luce ha sconfitto le tenebre.