Il 3° giorno dell’opera di Dio
La terra arida, i mari, i semi, gli alberi, i frutti

Il 3° giorno, cupola della Genesi. Basilica di San Marco, Venezia (XIII secolo). I semi che diventano alberi e che portano frutto rappresentano il cammino spirituale dell’essere umano che ha trovato l’acqua dolce dell’amore da bere. Così, attingendo da questa fonte, ciò che viene seminato dentro di lui inizia a dare frutti, in base alle opere che compie.
Nel terzo giorno della creazione, nella terza tappa verso l’amore, verso la fede, Dio ci aiuta a passare dalle tenebre alla luce, ancora una volta. Da un lato la terra arida, dall’altro il mare agitato e salato. Su questa terra Dio farà crescere dei semi, che diventeranno alberi, che daranno frutti. Vediamo di quale realtà spirituale stiamo parlando, di quale nuova tappa, di quale sfida per la fede. La terra che non viene irrigata dall’acqua dall’alto si secca, diventa arida, un deserto. È l’essere umano che non guarda a Dio, che si allontana dalla fonte della vita, perso nel deserto. Il suo spirito è inquieto come il mare, in tumulto, non può dirigersi verso le acque calme, verso il porto, è in balia delle onde. Non può bere dall’unica fonte di vita, l’amore di Dio e del prossimo. Così Dio viene in soccorso all’umanità persa nel deserto, si prenderà cura di questa terra, della sua vigna, dei suoi alberi, come un vignaiolo, come un giardiniere. Viene ad annaffiare, a raddrizzare, a diserbare, a far fruttificare. Molte parabole ci parlano di questo Dio che è il seminatore, il giardiniere, il vignaiolo, che continua a spargere la Sua parola sulla terra come un seme. Sta a noi accoglierlo, semplicemente e confidare che si prenderà cura della crescita e del frutto. Sta a noi estendere le nostre radici verso la fonte della vita, verso l’amore per Dio e l’amore per il prossimo. Gesù ci ricorda: “Se un chicco di grano cade in terra e non muore, rimane solo; ma se muore, porta molto frutto. Chi è attaccato alla sua anima la perde e chi non tiene conto della sua anima in questo mondo la conserverà per la vita eterna.” (Giovanni 12, 23-25). Prima di tutto, è stato Lui a venire su questa terra, a scendere dalla croce alla tomba e a portare frutto. Ci ha mostrato la via verso la fonte della vita, perché non c’è amore più grande che dare la vita per coloro che amiamo, affinché anche noi possiamo scoprire la gioia più grande nel dono della nostra vita, nella felicità del nostro prossimo. Nella storia della Genesi, è attraverso la parola di Dio che la terra arida riceve il seme, cresce e porta frutto. Nella parabola del seminatore, Gesù spiega che tutto ciò che dobbiamo fare è accettare questa parola, farne tesoro e metterla in pratica, e che Dio si prenderà cura di tutto il resto. Diamo uno sguardo a questo periodo di prova, durante il quale l’umanità impara a confidare nella Parola e nell’opera di Dio. Arriverà a credere nel Suo amore? (Per un’analisi più approfondita del testo biblico, vedere il terzo giorno nell’articolo Genesi 1:1 – 2:3 I sette giorni, tappe dell’amore).
Le tappe della vita di Gesù
I 40 giorni: Quaresima e Ascensione
La Quaresima: i quarant’anni del popolo ebraico nel deserto e i quaranta giorni di Cristo nel deserto. Un tempo per meditare sulla nostra condizione terrena, sulle sue prove, e per orientare la nostra vita verso la speranza della vittoria dell’amore sul male, verso il mistero della Pasqua, della vita eterna che ci rende a immagine e somiglianza di Dio.

Le tentazioni di Cristo. Mosaico nella Basilica di San Marco, Venezia (XIII secolo). Gesù risponde alle tentazioni con le parole della Bibbia, dimostrando che la Parola di Dio è una guida sicura per vincere le tenebre. Così risponde al tentatore che gli offre del pane: che la Parola di Dio è anche cibo. Quando il diavolo lo portò in cima al Tempio e lo invitò a gettarsi giù, in modo che gli angeli potessero venire a salvarlo, rispose che non era giusto cercare la grandezza mettendo Dio alla prova. E poi, quando il tentatore gli offrì ricchezze e potere, rispose che solo Dio doveva essere adorato, e quindi di non perseguire le ricchezze allontanandosi dal cammino dell’amore per il prossimo, dell’amore per Dio.
Nei racconti biblici, il numero quaranta o quattrocento si riferisce alla durata della nostra vita terrena, a un periodo di prova. Può durare quarant’anni, come per il popolo ebraico quando attraversò il deserto per raggiungere la Terra Promessa, o quaranta giorni, come il periodo in cui Gesù fu tentato nel deserto. O ancora, 40 giorni durante i quali, dopo la Sua resurrezione, apparve agli apostoli, li istruì e aprì le loro menti alla comprensione delle Scritture, della Parola di Dio. Dovevano comprendere il linguaggio divino che parla della realtà spirituale attraverso le immagini delle dinamiche della natura e della nostra vita terrena.
Esaminiamo quindi questi tre periodi di quarant’anni o giorni, uno dopo l’altro. In primo luogo, il periodo che ci parla delle vicissitudini del popolo ebraico, che fu schiavo per 400 anni in Egitto e poi liberato da quella schiavitù. Questi 400 anni rappresentano la nostra esistenza umana nell’oscurità. La schiavitù è quella dell’essere umano imprigionato dall’ incatenamento delle violenze, dalla legge della ritorsione in virtù della quale risponde all’offesa con l’offesa. Laddove non è possibile il perdono, l’umanità divisa dall’egoismo, dalle rivalità e dalle guerre non può assaporare la gioia dell’amore vero e libero. È da questa schiavitù che Dio viene a liberarci: attraverso la sovrabbondanza del Suo perdono, permetterà agli esseri umani di intravedere una pace e una gioia maggiori nel dono della propria vita. È così che si ottiene la vittoria sul male. Ma poi, una volta intravista l’uscita dalla schiavitù, una volta lasciato alle spalle l’Egitto e attraversato il mare salato, l’umanità deve attraversare un deserto, dirigendosi verso la Terra Promessa, verso lo scorcio di felicità, verso la fonte di acqua viva. Il deserto della condizione umana priva di Dio, priva della fonte di vita e di amore che sola può riunirci nella gioia di essere fratelli e sorelle, di essere al servizio gli uni degli altri, di essere membri dello stesso corpo. Il confronto con il mondo, con l’oscurità della mancanza di fiducia nell’amore, nella sovrabbondanza di vita divina che ci viene offerta, sarà l’occasione di innumerevoli cadute. Di fronte all’ostilità, gli esseri umani avranno paura, saranno tentati di negare, di mentire, piuttosto che mettere la loro vita nelle mani di Dio e amare fino alla fine. Di fronte alla scarsità di beni terreni, l’essere umano sarà tentato di appropriarsene piuttosto che trovare il vero nutrimento nella saggezza della Parola di Dio. Umiliato, cercherà il potere stringendo alleanze che possano dargli potere o ricchezza, piuttosto che servire Dio e il prossimo.
Così la storia del Vangelo ci dice che anche Gesù volle affrontare questa prova, questo confronto con il mondo, per mostrarci come uscirne vittoriosi:
“Poi Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato per quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame.
Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: ‘Se sei il Figlio di Dio, comanda che queste pietre diventino pani’. Ma Gesù rispose: “Sta scritto: L’uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.
Allora il diavolo lo portò nella Città Santa, lo pose in cima al Tempio e gli disse: “Se sei il Figlio di Dio, buttati giù; perché sta scritto: ‘Egli darà ai suoi angeli il comando su di te ed essi ti porteranno sulle loro mani, affinché il tuo piede non urti contro una pietra”. Gesù gli disse: “Di nuovo, sta scritto: ‘Non metterai alla prova il Signore tuo Dio’”.
Il diavolo lo portò di nuovo su una montagna molto alta e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria. Gli disse: “Tutto questo ti darò se cadrai ai miei piedi e ti prostrerai a me”. Allora Gesù gli disse: “Vattene, Satana, perché sta scritto: ‘Adorerai il Signore tuo Dio e a lui solo renderai culto’”. Così il diavolo lo lasciò. Ed ecco che vennero degli angeli e lo servirono”. (Matteo 4, 1-11)
L’Ascensione: dopo la risurrezione, Gesù appare agli apostoli, li istruisce e li rafforza nell’amore, nella fede e nella comprensione della Parola di Dio. Un tempo per prepararsi a trovare la presenza di Dio nella nostra vita, anche se non possiamo vederlo.

L’Ascensione di Gesù in cielo. Mosaico del Duomo di Monreale, Italia (XII secolo). Gesù promette agli apostoli che preparerà un posto per loro nella dimora del Padre, dove viene preparato un posto per ognuno dei suoi figli. Quindi, la missione degli apostoli sarà quella di invitare altri esseri umani a prendere il loro posto nel Regno di Dio, accogliendo il prossimo come un fratello o una sorella. Maria, al centro, fu la prima a rispondere all’invito di Dio, ad aprire la porta, permettendo a tutti di seguire il suo esempio, confidando nella benevolenza e nell’amore di Dio.
Abbiamo visto nella storia delle tentazioni di Cristo che la risposta alle varie tentazioni si trova sempre nella Parola di Dio. Gesù risponde sempre a Satana citando altri passi della Bibbia, mostrandoci così il percorso da seguire per poter vincere anche noi il male. Poi, prima della Sua morte e dopo la risurrezione, Gesù avvertì gli apostoli delle persecuzioni che avrebbero dovuto affrontare anche loro. Così, volle prepararli sempre di più a queste prove e mostrò loro come comprendere le Scritture, la Parola di Dio. Infatti, è importante essere in grado di comprendere le immagini che Dio usa per parlarci della nostra vita e della realtà spirituale, in modo che anche noi possiamo riconoscerci in esse, perché è nella Parola di Dio che troviamo la nostra strada verso la luce. Ora, la Parola di Dio non è fatta solo di parole, ma si è fatta carne in Gesù Cristo, per cui Gesù insegna ai suoi discepoli a riconoscere la sua opera eterna nelle parole della Bibbia; insegna loro ad associare ogni momento della sua vita terrena a passi della Scrittura che è venuto a compiere nella sua persona, attraverso le sue azioni. L’opera di Dio che non era visibile all’umanità, eppure molto reale, ora è diventata visibile in Gesù Cristo. Ma soprattutto, Gesù promette agli apostoli che anche loro saranno in grado di compiere ciò che lui stesso ha compiuto; promette che anche loro condurranno l’umanità dalle tenebre alla luce, che anche loro riveleranno l’amore e il perdono di Dio al mondo. Infatti, a poco a poco, con l’aiuto di Gesù e del Suo Spirito, lo Spirito Santo dell’amore, si renderanno sempre più conto di quanto Dio ci abbia sempre amato fin dalla creazione del mondo, di come abbia amato tutti gli esseri umani e di come dia la vita a tutti. E così, dieci giorni dopo l’Ascensione, nel giorno di Pentecoste, saranno pienamente riempiti di questo Spirito d’amore e pronti a portarlo al mondo. La prova, quindi, consisteva anche nel fatto che non avrebbero più visto Gesù o sentito le sue parole, perché il giorno dell’Ascensione si sarebbe ritirato dalla loro vista. Ma ha anche promesso che sarebbe stato con loro tutti i giorni della loro vita, che avrebbero avuto una dimora con Lui. Ma come possono trovarlo? Come possono sentire la Sua voce? Come possono trovare la strada? Essendo pieni di amore come lui per ogni creatura, vivendo il suo stesso amore, la sua stessa vita, vedendo in ogni essere umano un figlio di Dio. Allora saranno in grado di seguire e fare la volontà di Dio, servendo e ascoltando tutti, prendendosi cura di tutti, come dice l’apostolo Paolo:
“Allora qual’è il mio merito? È che io predichi il Vangelo senza cercare alcun vantaggio materiale e senza far valere i miei diritti di predicatore del Vangelo. Sì, libero nei confronti di tutti, mi sono fatto schiavo di tutti per conquistare il maggior numero possibile di persone. E con i Giudei ero come un Giudeo, per conquistare i Giudei. Con coloro che sono soggetti alla Legge, sono stato come un soggetto della Legge, anche se non lo sono, per conquistare coloro che sono soggetti alla Legge. Con i senza legge, sono stato come un senza legge, io che non sono senza la legge di Dio, ma sotto la legge di Cristo, per conquistare i senza legge. Con i deboli, sono stato debole, per vincere sui deboli. Sono diventato tutto per tutti, per salvare alcuni a tutti i costi. E tutto questo lo faccio per il bene del Vangelo, affinché anch’io possa parteciparne.” (1 Corinzi 9, 18-23)
È seguendo Cristo, imitandolo, che vediamo veramente il volto di Dio in tutti; è fidandoci di Lui, mettendo la nostra vita nelle sue mani, lasciandoci guidare dalle chiamate del nostro prossimo che entriamo pienamente nel nostro rapporto filiale con Dio. Uniti al Figlio, entriamo in una relazione filiale con il Padre, entriamo nel mistero dello scambio d’amore della Trinità. In questo modo, viviamo l’amore del Figlio che mette la sua vita nelle mani del Padre, vivendo l’amore più grande, quello dello Spirito Santo.
Osserviamo la conversazione di Gesù con gli apostoli durante l’ultima cena, prima della sua morte e risurrezione, prima che le loro menti si aprissero per riconoscere l’opera di Dio in Gesù Cristo. Sono disorientati, non vedono, non sanno come trovarlo, come trovare la strada:
”Non sia turbato il vostro cuore: voi credete in Dio, credete anche in me. Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; altrimenti vi avrei detto: ‘Vado a prepararvi un posto’? Quando sarò andato a prepararvi un posto, tornerò e vi prenderò con me, affinché dove sono io, siate anche voi. Voi conoscete la strada per arrivare dove sto andando”. Tommaso gli disse: “Signore, non sappiamo dove vai. Come possiamo conoscere la via? Gesù rispose: “Io sono la Via, la Verità e la Vita; nessuno va al Padre senza passare per me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre mio. Anche ora lo conoscete e lo avete visto”. Filippo gli disse: “Signore, mostraci il Padre; questo ci basta”. Gesù rispose: “Sono stato con voi così a lungo e non mi conosci, Filippo! Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: ‘Mostraci il Padre’? Non credi che io sono nel Padre e che il Padre è in me? Le parole che vi dico non le dico da me stesso; il Padre che abita in me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non credete a me, credete almeno alle opere stesse. Amen, amen, vi dico: chi crede in me farà le opere che faccio io. Farà opere ancora più grandi, perché io vado al Padre e qualsiasi cosa chiederete nel mio nome, la farò, affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. Quando chiederete qualcosa nel mio nome, la farò. Se mi amate, osserverete i miei comandamenti, io pregherò il Padre ed Egli vi darà un Difensore che sarà con voi per sempre, lo Spirito di verità, che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce; ma voi lo conoscete, perché abita con voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani, tornerò da voi. Tra non molto, il mondo non mi vedrà più, ma voi mi vedrete vivo e anche voi vivrete. In quel giorno saprete che io sono nel Padre mio, e voi in me, e io in voi. Chi riceve le mie prescrizioni e le osserva, mi ama; e chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò e mi farò conoscere da lui”. (Giovanni 14, 1-21)
La relazione con Dio e con il prossimo
L’albero che porta frutto a suo tempo

Dettaglio di Cristo nella cupola dell’Ascensione. Mosaico, Basilica di San Marco, Venezia (XIII secolo).
Questa è la parte centrale del mosaico della cupola dell’Ascensione nella Basilica di San Marco a Venezia. Il testo del Vangelo e quello degli Atti degli Apostoli ci aiuteranno a comprendere questa immagine:
“Poi aprì loro la mente alla comprensione delle Scritture. Disse loro: ‘Sta scritto che Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e che nel suo nome sarà annunciata la conversione per il perdono dei peccati a tutte le nazioni, cominciando da Gerusalemme. Spetta a voi essere testimoni. E io manderò su di voi ciò che il Padre mio ha promesso. Quanto a voi, rimanete in città finché non sarete rivestiti della potenza dall’alto”. Poi Gesù li condusse verso Betania, alzò le mani e li benedisse. Mentre li benediceva, si separò da loro e fu portato in cielo. Lo adorarono e tornarono a Gerusalemme con grande gioia. E stavano sempre nel Tempio, benedicendo Dio”. (Luca 24, 45-53)
“Caro Teofilo, nel mio primo libro ho scritto di tutto ciò che Gesù fece e insegnò, dal momento in cui iniziò fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato le sue istruzioni tramite lo Spirito Santo agli Apostoli che aveva scelto. Fu a loro che si presentò vivo dopo la sua Passione; diede loro molte prove di questo, poiché per quaranta giorni apparve loro e parlò loro del Regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, li istruì a non lasciare Gerusalemme, ma ad aspettare lì il compimento della promessa del Padre. Disse: “Avete sentito questa promessa da parte mia: mentre Giovanni battezzava con l’acqua, voi sarete battezzati nello Spirito Santo tra qualche giorno”. Gli apostoli allora Gli chiesero: “Signore, è questo il tempo in cui ristabilirai il regno in Israele? Gesù rispose: “Non sta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha stabilito con la propria autorità. Ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi; allora sarete miei testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino alle estremità della terra”. Dopo queste parole, mentre gli apostoli lo guardavano, Egli si elevò e venne una nuvola che lo nascose ai loro occhi. E mentre stavano ancora guardando verso il cielo, dove Gesù stava andando, ecco che si presentarono davanti a loro due uomini in vesti bianche, che dissero loro: “Galilei, perché state a guardare verso il cielo? Questo Gesù, che è stato assunto in cielo di fronte a voi, verrà come l’avete visto andare in cielo”. (Atti 1, 1-11)
Intorno a Cristo vediamo quattro angeli e l’iscrizione latina che recita:
“ Dicite quid statis quid i(n) etere co(n)sideratis filius iste D(e)i I(esus) C(hristus) cives galilei sumptus ut a vob(is) abiit (et) sic arbiter orbis iudicii cura veni(et) dare debita iura ”, ”Dite, perché rimanete a scrutare in cielo, Abitanti della Galilea, questo Figlio di Dio, Gesù Cristo, è asceso, e come si è allontanato da voi, così verrà per essere arbitro del giudizio del mondo e per rendere la giustizia dovuta. ”

La cupola dell’Ascensione. Mosaico, Basilica di San Marco, Venezia (XIII secolo). Nel secondo cerchio: Maria con gli apostoli e gli alberi della vita. Nel terzo cerchio: le opere di carità.
Se estendiamo l’immagine a tutta la cupola, vediamo il legame con il tema dell’albero, quello menzionato nel terzo giorno della creazione, ed è chiaro dall’immagine che ogni albero è associato a un apostolo. Infatti, coloro che trovano la fede in Gesù Cristo, il Figlio di Dio, sono paragonabili a un albero che dirige le sue radici verso la fonte della vita, come dice il Salmo 1: “Beato l’uomo che non entra nel consiglio degli empi, che non segue la via dei peccatori, che non siede con coloro che deridono, ma si diletta nella legge del Signore e sussurra la sua legge giorno e notte! Egli è come un albero piantato vicino a un ruscello, che porta frutti a suo tempo e il suo fogliame non muore mai; qualsiasi cosa intraprenda avrà successo; questo non è il destino dei malvagi. Ma essi sono come pula spazzata via dal vento: gli empi non si alzeranno al momento del giudizio, né i peccatori al raduno dei giusti. Il Signore conosce la via dei giusti, ma la via degli empi si perde.”
In tutta la Bibbia, il giusto viene paragonato ad un albero, e non è solo la persona battezzata o l’ebreo ad essere chiamato giusto, ma tutti coloro che incontrano Dio attraverso il servizio al prossimo, anche se non conoscono Dio o Gesù. Infatti, l’evangelista Matteo riporta le parole di Gesù che descrivono ciò che gli angeli annunciarono agli apostoli, ossia le parole che Gesù rivolgerà all’umanità alla resurrezione dei morti, quando tutti coloro che non Lo hanno conosciuto, che non hanno creduto in Lui, Lo vedranno:
“Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria e tutti gli angeli con lui, si siederà sul suo trono di gloria. Tutte le nazioni saranno riunite davanti a lui ed egli le separerà l’una dall’altra, come un pastore separa le pecore dai capri: metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Poi il Re dirà a quelli alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ereditate il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero straniero e mi avete accolto; ero nudo e mi avete vestito; ero malato e mi avete visitato; ero in prigione e siete venuti da me!”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto…? quando avevi fame e ti abbiamo dato da mangiare? quando avevi sete e ti abbiamo dato da bere? quando eri straniero e ti abbiamo accolto? quando eri nudo e ti abbiamo vestito? quando eri malato o in prigione… quando siamo venuti da te?”. E il Re risponderà loro: “Amen, io vi dico: ogni volta che l’avete fatto a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l’avete fatto a me”. ( Matteo 25, 31-40)
Quindi è Gesù stesso che ci dice che gli esseri umani che non lo conoscono avranno comunque incontrato e fatto l’esperienza di Dio attraverso l’amore per il prossimo.
La persona giusta, sia essa credente o non credente, è quindi paragonata a un albero che porta frutto a suo tempo. In altre parole, il giusto non si preoccupa del frutto, di quanto ne porta o se ne porta affatto. Questa fonte sgorga in lui quando contempla e desidera la felicità del suo prossimo, ed è così che sarà riempito di gioia, proprio come i genitori sono appagati dal sorriso e dalla gratitudine dei loro figli. Questo albero ha diretto le sue radici verso la fonte di acqua viva, verso il servizio del prossimo, proprio come l’albero della vita che è Gesù quando ha offerto la sua vita sulla croce per la salvezza del mondo. Ora, nella visione che ci viene offerta di questa realtà divina dal mosaico e dalle parole del Vangelo, contempliamo la gloria di Cristo in cielo, gli angeli che dirigono e guidano l’umanità verso le realtà celesti, spirituali, gli apostoli che sono come alberi che offrono i loro frutti, essendo Dio il giardiniere che, attraverso gli eventi della loro vita, li prepara e li dispone a portare questi frutti, innaffiando, tagliando, preparando il terreno, raddrizzando.
Ora, in mezzo agli apostoli, al centro dell’immagine, vediamo Maria, circondata dagli arcangeli Michele e Gabriele, che ha accolto la parola di Dio con fede e fiducia per tutta la vita. Così, questi angeli la guidarono verso una comprensione e una fiducia sempre maggiori, tanto che al momento della prova, dopo la morte di Cristo, fu lei a tenere uniti gli apostoli, incoraggiandoli e guidandoli verso la speranza della risurrezione.
E nel cerchio successivo, sedici figure femminili che rappresentano le virtù, ossia tutti i modi di ascoltare e servire il prossimo. È attraverso queste opere di carità, di amore gratuito, che ognuno di noi può contemplare il volto di Dio, cioè sperimentare Dio attraverso un amore uguale al suo, animato dal suo Spirito, lo Spirito che dà vita al mondo e conduce gli esseri umani, creati a immagine di Dio, verso la piena somiglianza con Lui.
Ecco i nomi delle sedici figure, opere di carità, virtù e beatitudini:
Speranza, Fede, Giustizia, Forza, Temperanza, Prudenza, Umiltà, Mitezza, Contrizione, Astinenza, Misericordia, Pazienza, Castità, Modestia, Costanza, Carità.
Nell’immagine qui sopra, la Carità, incoronata e vestita con paramenti reali, è la madre di tutte le virtù, secondo l’iscrizione alla sua destra. È l’amore gratuito senza il quale tutto il resto non è nulla, se tutte queste qualità non sono mosse dall’amore, dall’amore più grande, come ci dice l’Apostolo Paolo:
“Potrei parlare tutte le lingue degli uomini e degli angeli, ma se non ho l’amore, se mi manca l’amore, non sono altro che un bronzo e un cembalo che risuona. Potrei essere un profeta, potrei avere tutta la conoscenza dei misteri e tutta la conoscenza di Dio, potrei avere tutta la fede per spostare le montagne, ma se mi manca l’amore, non sono nulla. Potrei distribuire tutte le mie ricchezze agli affamati, potrei bruciarmi vivo, ma se mi manca l’amore, sono inutile. L’amore è paziente; l’amore è disponibile; l’amore non è geloso; non si vanta, non si gonfia; non fa nulla di sconveniente; non cerca i propri interessi; non si mette in collera; non serba rancore; non si rallegra di ciò che è ingiusto, ma trova la sua gioia in ciò che è vero; sopporta tutto, ha fiducia in tutto, spera in tutto, sopporta tutto. L’amore non passerà mai. Le profezie saranno superate, il dono delle lingue cesserà, la conoscenza attuale sarà superata. Perché la nostra conoscenza è parziale, le nostre profezie sono parziali. Quando arriverà ciò che è perfetto, ciò che è parziale sarà superato. Quando ero un bambino, parlavo come un bambino, pensavo come un bambino, ragionavo come un bambino. Ora che sono un uomo, sono andato oltre ciò che era proprio di un bambino. Al momento, vediamo in modo confuso, come in uno specchio; quel giorno, vedremo faccia a faccia. Al momento la mia conoscenza è parziale; in quel giorno conoscerò perfettamente, come sono stato conosciuto. Ciò che rimane oggi è la fede, la speranza e l’amore; ma il più grande di questi è l’amore”. (1 Corinzi 13, 1-13).

Dettaglio della cupola dell’Ascensione. Mosaico, Basilica di San Marco, Venezia (XIII secolo). Le figure femminili rappresentano le opere di carità, la più importante delle quali, la carità, cioè l’amore gratuito, reca l’iscrizione “Mater virtutum”, la madre delle virtù.
Settimana Santa
Cercano di tendere trappole a Gesù

Le vergini negligenti e le vergini previdenti. Mosaico sulla facciata di Sainte-Marie-du-Transtévère (XIII secolo). La parabola delle dieci vergini in attesa dello sposo ci dice che solo coloro che hanno olio nella loro lampada saranno in grado di riconoscerlo nella notte. Questo significa che per conoscere Dio, che è amore, noi stessi dobbiamo amare il nostro prossimo. Allora l’olio, che rappresenta la forza dello Spirito Santo che ci penetra, ci farà brillare nella notte, ci rafforzerà nelle nostre prove e ci permetterà di conoscere Dio.
Vediamo che le opere di carità sono accompagnate da difficoltà e prove. I primi martiri illustri erano spesso diaconi, come Santo Stefano negli Atti degli Apostoli. In effetti, erano i diaconi ad essere i più esposti, i più visibili, poiché erano coinvolti nel servire i poveri, nel condividere le offerte dei fedeli distribuendole ai bisognosi, nel visitare i malati e nel predicare il Vangelo. Quindi erano esposti alle stesse accuse di Gesù: è la luce che fa emergere ancora di più l’ombra. Così, il terzo giorno del suo ingresso a Gerusalemme, Gesù sarà continuamente assalito da coloro che cercano di tendergli delle trappole, mettendolo in situazioni difficili, ponendogli domande per poterlo poi accusare. Allo stesso tempo, se analizziamo le trappole che vengono tese a Gesù per coglierlo in fallo, vediamo ancora una volta, come nelle tentazioni nel deserto, in che modo l’amore risponde a ogni diversa tentazione. Questo ci riporta alle caratteristiche dell’amore elencate da San Paolo: l’amore è paziente, servizievole, non è geloso, non si vanta, non si gonfia di orgoglio, non è indecoroso, non è interessato a se stesso, non si mette in collera, non si risente, non si rallegra nell’ingiustizia, ma si rallegra nella verità, sopporta ogni cosa, confida in ogni cosa, spera in ogni cosa, sopporta ogni cosa. Ovviamente, tutte queste virtù che Gesù mette in pratica rendono ancora più evidente l’atteggiamento opposto di coloro che lo mettono alla prova. Diversi capitoli dei Vangeli raccontano le conversazioni di Gesù con i suoi avversari durante i suoi ultimi giorni a Gerusalemme. Seguiamo il racconto di Matteo, che inizia il terzo giorno della Settimana Santa:
– Racconta di un albero, un fico, che non porta frutto. È l’immagine di tutto ciò che sta per accadere: gli esseri umani, presi da rivalità e gelosie, non portano frutti buoni, sono dannosi. Proprio come le tenebre non possono resistere alla luce, il fuoco dell’amore che Gesù porta nel mondo consuma i suoi avversari, porta il male alla luce e rende possibile discernere tra le opere buone che portano frutto e quelle che causano omicidi e conflitti. La fede che sopporta le prove e non cede al male è vittoriosa (vedere Matteo 21, 19-21).
– Nel Tempio, i capi sacerdoti interrogarono Gesù sulle opere che stava compiendo: è Dio a dargli il potere di compiere questi prodigi o è la conoscenza umana? Gesù risponde con l’esempio di Giovanni Battista, al quale le folle accorrevano per chiedere il perdono dei loro peccati, per essere convertite, proprio come i peccatori pubblici che si convertono e seguono Gesù. Sono i frutti che ci aiutano a giudicare le opere, se provengono da Dio o da uomini in cerca di profitto o interesse. Gesù racconta anche delle parabole su coloro che fanno la volontà di Dio e lavorano nella sua vigna e coloro che non fanno la volontà di Dio e perseguitano e uccidono coloro che vengono per conto di Dio. Quindi, i miracoli di Gesù portano frutti che possono essere visti negli altri, viene fatto del bene nei cuori degli esseri umani o, come nella prima tentazione del diavolo nel deserto, lo ha fatto per il suo tornaconto personale? Infatti, il diavolo disse a Gesù: “Trasforma queste pietre in pani” e Gesù rispose dicendo che il suo cibo, la sua ricompensa, è fare la volontà di Dio, cioè la ricompensa è nell’amore, non nel profitto o nel vantaggio terreno. (Vedere Matteo 21, 23-46).
– Cercano di intrappolare Gesù facendolo parlare di Cesare: è legittimo pagare le tasse a Cesare? Non è forse in contraddizione con l’adorazione esclusiva di Dio? Non significa forse mettersi al servizio di un’autorità umana e non di Dio? Questo riecheggia anche la tentazione del diavolo nel deserto: prostrati davanti a me e ti darò tutte le ricchezze del mondo. Ma Gesù, mostrando che le monete portano l’immagine di Cesare, dimostra che questa ricchezza apparente appartiene a Cesare, che il suo vero tesoro è altrove, al servizio di Dio, e che è solo Lui che Gesù serve (Matteo 22, 15-46).
– Infine, gli esperti della Bibbia cercano di interpretare la Parola di Dio a loro vantaggio, per giustificare le cattive pratiche, e Gesù risponderà loro, proprio come aveva risposto al diavolo nel deserto, che non dobbiamo mettere Dio alla prova, cioè cercare giustificazioni per ciò che facciamo di sbagliato, sostenendo che si tratta di un servizio che stiamo rendendo a Dio. In effetti, Gesù criticò molte pratiche religiose che erano state imposte ai fedeli da esperti della Parola di Dio per arricchirsi o per trarre profitto dalla sottomissione del popolo, garantendo così ai Romani che la popolazione non si sarebbe sollevata contro di loro. Questo è mettere Dio alla prova, sostenendo ipocritamente che ciò che facciamo di sbagliato è la volontà di Dio, che lo facciamo per Lui. Gesù denuncia l’ipocrisia di coloro che affermano di essere servi di Dio, ma perseguono i propri interessi. Gli altri evangelisti raccontano anche l’episodio della povera vedova che diede le sue ultime due monetine al Tempio come elemosina, mettendo la sua vita unicamente nelle mani di Dio. Questo gesto era genuino, derivava da una grande fede, ma nessuno poteva notarlo, solo Dio lo sapeva. Quindi Gesù lo mette in evidenza e critica l’ipocrisia di coloro che apparentemente mettono denaro nel tesoro per un guadagno umano piuttosto che per rendere omaggio a Dio (Matteo 21, 1-4).
Seguono questi episodi molte parabole in cui Gesù viene messo alla prova. Egli parlò, ancora una volta, per denunciare l’atteggiamento ipocrita di coloro che sembrano servire Dio in apparenza, ma non Lo servono in pratica, né con le loro azioni né nel loro cuore. Parla della persona che è invitata al banchetto di nozze, ma non indossa la veste nuziale; sarà cacciata via. Ciò significa che non basta dire Signore, Signore, ma che anche le nostre azioni devono corrispondere ed esprimere la nostra fede. Questo è il significato della veste nuziale, essere vestiti con atti di giustizia, essere vestiti di Cristo, essere al servizio del nostro prossimo. Solo così possiamo partecipare a questo pranzo, che è un’espressione di comunione e di amore profondo tra gli invitati. Nel banchetto celeste del Regno dei Cieli, in questo banchetto nuziale in cui l’umanità è unita a Dio, tutti celebrano l’amore, tutti sono riuniti nel nome dell’amore. Se non amiamo il nostro prossimo, non è possibile essere in comunione con lui, non è possibile essere seduti alla stessa tavola che celebra l’amore. È un pranzo di alleanza, di comunione, di ringraziamento per l’amore che ci unisce gli uni agli altri (vedere la parabola dell’abito delle nozze nell’articolo su Matteo 22, 1-14 L’abito delle nozze e gli articoli correlati sulla cena eucaristica).
È l’amore tra l’umanità e Dio il cuore delle parabole del banchetto di nozze. Chi non ama non conosce Dio; al contrario, chi ama il prossimo è unito a Dio, animato dal Suo amore. Gesù offre un’altra parabola che parla del fidanzamento tra Dio e l’umanità. Quando i profeti portano la parola di Dio al popolo, Dio dice loro di rivolgersi al popolo chiamandolo “mia sposa, mia amata”. Allo stesso modo, Gesù ci parla delle giovani che aspettano lo sposo, nella parabola delle dieci vergini: “Cinque di loro erano negligenti, e cinque erano previdenti” (Matteo 25, 2). Infatti, stavano aspettando lo sposo nella notte e cinque di loro non avevano olio nelle loro lampade e nell’oscurità non erano in grado di trovarlo, di riconoscerlo, perché non compiendo opere di carità non potevano conoscere Dio che è amore. Ancora una volta, come nelle tappe dell’amore, nei sette giorni che ci raccontano l’opera di Dio per condurre l’umanità dalle tenebre alla luce, anche qui la luce ci permette di vedere Dio. Secondo la tradizione, l’olio essenziale per la luce è quello che penetra profondamente nel corpo e nello spirito umano e lo riempie di amore, intelligenza, saggezza, forza, perseveranza, speranza e fiducia. Questi sono tutti i doni che dobbiamo utilizzare per poter amare Dio e il prossimo: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutto il tuo pensiero.” Questo è il grande, primo comandamento. E il secondo gli è simile: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. (Matteo 22, 37-39)
Questo spirito d’amore deve essere tradotto in azione, se vogliamo illuminare il nostro prossimo. È quando riusciamo a riconoscere la presenza di Dio nel nostro prossimo che vediamo la Sua luce. Questo olio che ci penetra e rafforza il nostro spirito è quello dello Spirito divino che ci spinge a trovare la presenza di Dio nel nostro prossimo. (Vedere Matteo 25, 1-13 sopra).

Le vergini negligenti e le vergini previdenti, dettaglio. Mosaico sulla facciata di Santa Maria in Trastevere (XIII secolo).
Frase del Padre Nostro:
Venga il tuo regno

La croce circondata da stelle. Mausoleo di Galla Placidia, Ravenna, Italia (V secolo). Immagine del Regno dei cieli, la luce e l’amore di Cristo hanno riempito i cuori dei suoi fedeli, che a loro volta brillano come stelle nell’oscurità, vittoriosi sul male e sulla morte. I loro cuori non hanno ceduto all’odio, non hanno risposto all’offesa con l’offesa, lo Spirito Santo li ha sostenuti nel momento della prova.
Nella preghiera del Padre Nostro, ci vengono presentate tutte le tappe della nostra vita spirituale e noi le presentiamo a Dio affinché ci aiuti a viverle. Esse riassumono l’intero significato della nostra vita. La richiesta del Regno di Dio è quella che ci permette di accettare la vita come Dio ce la offre. Lui è “la via, la verità e la vita” (Giovanni 14, 6). Come è possibile vivere in questo mondo e allo stesso tempo essere nel Regno di Dio? Che cosa significa veramente questa domanda? Quando l’apostolo Paolo ci invita a pregare 24 ore al giorno, forse aveva in mente questa richiesta: cercare di vivere ogni momento in comunione con Dio, amare il nostro prossimo come Dio lo ama. Nel Regno di Dio, ci sono una comunione e un amore perfetti tra gli esseri umani. Come è possibile vivere una tale comunione su questa terra? Questo Regno di Dio non è in cielo? non è il Regno dei cieli? Ma il cielo è l’immagine della nostra vita spirituale e Gesù ci dice: “In effetti, il regno di Dio è dentro di voi.” (Luca 17, 21). Il Regno di Dio è la presenza di Cristo in noi, la presenza del Suo amore, che ci permette di amare tutti come Gesù li ama. Quindi, a prescindere dall’ostilità, dalle persecuzioni e dalle prove, guardiamo a ciò che ci dice l’apostolo Paolo:
“Ma se Cristo è in voi, è vero che il corpo è ancora segnato dalla morte a causa del peccato, ma lo Spirito vi dà la vita, perché siete diventati giusti. E se lo Spirito di Colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, Colui che ha risuscitato Gesù, il Cristo, dai morti darà vita anche ai vostri corpi mortali attraverso il suo Spirito che abita in voi. Quindi, fratelli, siamo in debito, ma non con la carne per dover vivere secondo la carne. Perché se vivete secondo la carne, morirete; ma se per mezzo dello Spirito mettete a morte le opere dell’uomo peccatore, vivrete. Perché quanti si lasciano guidare dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. Non avete ricevuto uno spirito che vi rende schiavi e vi riporta alla paura; ma avete ricevuto uno Spirito che vi rende figli; ed è in Lui che gridiamo “Abba”, cioè: Padre! Quindi è lo Spirito Santo stesso che testimonia al nostro spirito che siamo figli di Dio. Poiché siamo suoi figli, siamo anche suoi eredi: eredi di Dio, eredi con Cristo, se almeno soffriamo con Lui per essere con Lui nella gloria. Credo che non ci sia paragone tra le sofferenze del tempo presente e la gloria che sarà rivelata a noi. Infatti, la creazione attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio. Perché la creazione è stata sottoposta al potere del nulla, non di sua spontanea volontà, ma a causa di Colui che l’ha consegnata a quel potere. Tuttavia, ha conservato la speranza di essere liberata dalla schiavitù della degradazione, per sperimentare la libertà della gloria data ai figli di Dio. Come ben sappiamo, l’intera creazione sta gemendo, attraversando i dolori del parto che sono ancora in corso. E non è sola. Abbiamo iniziato a ricevere lo Spirito Santo, ma aspettiamo la nostra adozione e la redenzione del nostro corpo. Perché siamo stati salvati, ma nella speranza; vedere ciò che speriamo non è più sperare: come possiamo sperare in ciò che vediamo? Ma noi, che speriamo in ciò che non vediamo, lo aspettiamo con perseveranza. Inoltre, lo Spirito Santo viene in soccorso della nostra debolezza, perché non sappiamo come pregare correttamente. Lo Spirito stesso intercede per noi con gemiti inesprimibili. E Dio, che scruta i cuori, conosce le intenzioni dello Spirito, poiché è secondo Dio che lo Spirito intercede per i fedeli. Come sappiamo, quando le persone amano Dio, Lui stesso contribuisce al loro bene, poiché sono chiamate secondo il piano del Suo amore. Coloro che Egli ha conosciuto in anticipo, li ha anche destinati in anticipo ad essere conformati all’immagine di Suo Figlio, affinché questo Figlio sia il primogenito tra molti fratelli. Quelli che ha destinato in anticipo, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha resi giusti; e a quelli che ha reso giusti, ha dato la sua gloria. Che altro c’è da dire? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi: come potrebbe, con Lui, non darci tutto? Chi accuserà coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che rende giusti: chi può condannare? Cristo Gesù è morto; poi, è risorto, è alla destra di Dio, intercede per noi: quindi chi può separarci dall’amore di Cristo? angoscia? persecuzione? fame? indigenza? pericolo? spada? Infatti, è scritto: Per amor vostro siamo considerati come pecore da macello. Ma in tutto questo siamo i grandi vincitori, grazie a Colui che ci ha amato. Di questo sono certo: né la morte né la vita, né gli angeli né i principati nei cieli, né il presente né il futuro, né le potenze né le altezze né le profondità, né alcuna altra creatura, potranno separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore”. (Romani 8, 10-39)
Quindi, ecco che nella nostra vita quotidiana, anche in mezzo alle preoccupazioni, alle situazioni difficili, ai conflitti e alle prove, possiamo chiedere a Dio che il Suo Regno entri nei nostri cuori, dentro di noi, affinché l’amore sia vittorioso e regni veramente, affinché la gelosia, l’odio e il risentimento non si impossessino dei nostri cuori, affinché possiamo sempre aspirare alla vita del Regno. Che le nostre domande aprano i nostri cuori alla saggezza di Dio, che lo Spirito Santo ci faccia intravedere il giusto atteggiamento verso il prossimo, che queste pagine del Vangelo in cui vediamo Gesù affrontare ogni tipo di contraddizione e di attacco ci ispirino e siano un modello per noi.